Villa Jona – Rivoli (TO)
Scrivo volentieri di questo giardino che ci appare come uno scrigno verde in mezzo agli alti muri perimetrali che lo delimitano, incastonato tra le costruzioni del centro storico di Rivoli (TO).
Attirato dalle chiome degli alberi avevo già sbirciato l’interno passandovi accanto tempo fa, ma essendo il piano stradale più basso rispetto ai pochi varchi nel muro perimetrale la mia curiosità è rimasta insoddisfatta… fino a pochi giorni fa, quando per giri della vita vengo chiamato dall’attuale proprietario per capire quale sia il modo più opportuno di intervenire senza stravolgerne l’atmosfera creatasi negli anni.
L’abitazione è una villa padronale con annesse pertinenze coloniche (si vedono ancora distintamente le scuderie e gli ex fienili sovrastanti ora riconvertiti ad uso abitativo) della quale conosco ancora poco ma che mi piacerebbe approfondire per ricostruirne la storia…
Dopo aver attraversato lo splendido cortile di fine acciottolato fatto con “sterne” di fiume che compongono un disegno geometrico ricostruito tempo addietro sulla falsariga dell’originario, due aiole a prato con due alberi di Kaki (Diospyros kaki) disposti simmetricamente sono pressoché l’unica nota verde in quella che probabilmente era un tempo l’aia della parte colonica. Già qui si respira la quiete dei posti dove ferveva gran lavoro e ora resta il ricordo del tempo andato nei muri e nelle pietre del selciato.
Per arrivare allo “scrigno” scendiamo una scala e quindi passiamo da un livello superiore ad uno decisamente più basso e questo ricorda che ci troviamo in collina, proprio sotto il Castello di Rivoli e che quindi il variare dei livelli è d’obbligo.
Non appena il padrone di casa apre la porta che dà sul giardino
si capisce con quanta maestria si siano sfruttati i dislivelli: il colpo d’occhio non copre ancora tutto il giardino nel suo insieme ma un terrazzo erboso con balconata lascia vedere le chiome e i fusti degli alberi più grandi con lo sfondo del panorama circostante.
Per guardare dentro lo scrigno devo arrivare alla balconata e da lì, finalmente posso ammirarne i dettagli. Due grandi Magnolie (Magnolia grandiflora) disposte quasi simmetricamente come anche tre Tassi (Taxus baccata) sono le essenze dominanti del giardino. Le Magnolie necessitano di una potatura di contenimento per ridurre eventuali danni da nevicate eccessive, operando dall’esterno ed è questo l’intervento più urgente al momento. L’accesso è difficoltoso per i mezzi meccanici quindi non abbiamo altra scelta se non il tree climbing e la perizia di potatori esperti.
Al centro del giardino vi è una fontana/cisterna per l’approvvigionamento idrico ancora funzionante, recintata da una semplice ringhiera in ferro per impedirne l’accesso come spesso si trovano in questi giardini di fine ‘800. Un vigoroso Glicine (Wisteria sinensis) riesce a ombreggiare l’acqua ma costringe a continue potature per contenerne lo sviluppo in uno spazio insufficiente alla vigoria di questo rampicante.
Nonostante le molte zone ombrose il giardino era dotato di una zona ad orto ancora ben visibile, con piccoli terrazzamenti che accoglievano le verdure, ora invasi da essenze spontanee come Rovo (Rubus fruticosus), Luppolo (Humulus lupulus), Phytolacca americana e persino Robinia pseudoacacia e Ligustrum lucidum. Sopra l’orto un pergolato in ferro di Vite americana (Vitis labrusca) che sta pian piano decadendo, copre alla vista il muro che delimita l’antica via di accesso ad un cimitero sovrastante situato a lato della Chiesa di San Martino, ora sostituito da un campo sportivo parrocchiale…
Da questa vecchia strada chiusa da anni con portoncino del quale si è persa la chiave provengono i Rovi che tendono a invadere questa parte del giardino. Il proprietario spiega che questo passaggio era detto “Strada dei Morti” perché serviva da accesso ai funerali nel vecchio cimitero. Sarebbe bene poter intervenire anche su questa area confinante dismessa per eliminare o almeno contenere il problema…
Il giardino è dotato anche di una “dispensa” dove si accumulano gli sfalci dell’erba, foglie e materiale di risulta segno di una giusta visione di chi finora si è occupato della manutenzione.
Passeggiando nel giardino ci si rende conto di come in uno spazio relativamente ristretto (forse meno di mille metri quadrati) ci sia tutto il necessario: l’orto, le aiuole con i fiori perenni, il pergolato, sentieri in mattoni e ciottoli di fiume semi nascosti sotto l’erba ma ancora recuperabili, la cisterna per l’acqua, il prato al sole e un tavolo all’ombra ricavato sul ceppo di un Cedrus abbattuto perché divenuto instabile con l’età.
Tra gli arbusti e gli alberi più piccoli si notano due bei Tamerici (Tamarix tetrandra) sicuramente tra gli alberi più vecchi del giardino, un Melograno (Punica granatum), un gruppo di immancabili Palme della Cina (Trachycarpus fortunei), Alloro (Laurus nobilis), vecchie siepi di Bosso (Buxus sempervirens) forse ancora recuperabili nonostante gli ingenti danni della Piralide (Cydalima perspectalis), Ortensie (Hydrangea macrophylla).
Tra le erbacee si nota il proliferare ormai spontaneo di Iris foetidissima, Convallaria japonica, Hemerocallis fulva e Dryopteris filix-mas e possiamo pensare che dopo una accurata pulizia manuale della zona orto, delle aiuole e del pergolato si troveranno molte specie che ancora mostrano segni di vitalità …
Non mancano nemmeno gli animali, due vecchi “tartarughi”: un esemplare di Testudo hermannii e l’altro più simile alla Testudo graeca si contendono lo spazio…
Questo giardino ricorda l’infanzia quando lo sguardo dei bambini, essendo più vicino al suolo, veniva attirato dai piccoli dettagli di foglie e fiori e mi piacerebbe curarlo riportando alla luce tutto lo schema costruttivo di chi lo ha pensato, vissuto ed amato. Tutto è ancora visibile grazie al lavoro dell’attuale proprietario che ne ha ben gestito nel tempo la manutenzione seguendo la crescita delle piante oppure optando per la scelta di ciottoli per nuovi vialetti pur cercando di limitarne le esigenze manutentive, ecc…
E’ un giardino con una storia da raccontare, bello e vario nel suo insieme, ancora giovane per i parametri delle piante e ha bisogno di restauro che ne fermi il declino senza stravolgerne l’atmosfera.
La storia della Villa
Questa grande villa situata nel cuore del centro storico e direttamente confinante con la chiesa di San Martino, risulta essere di proprietà della famiglia Jona dal 1903, in seguito ad innumerevoli passaggi di proprietà tra i quali la Sig.ra Gertude Carena nata Cottolengo, presumibilmente zia o cugina dell’Arcivescovo Agostino Richelmy nel corso dell’800 e la famiglia Giuliano nella seconda metà del ‘700.
Da un manoscritto di un parroco della chiesa di San Martino risalente alla seconda metà dell’800 leggiamo: “Questo strumento è dell’11 agosto del 1681…molto più tardi…allorché si edificò la bellissima villeggiatura.” Su un foglio del “Theatrum Sabaudiae” relativo alla città di Rivoli, pubblicato nel 1682, ma basato su disegni che potevano essere anche vecchi di un decennio, non vi è ancora traccia di alcuna costruzione ad Est della chiesa di San Martino.
Villeggiatura, così venivano definite quelle che oggi chiameremo “seconde case” o case di vacanza… Nel manoscritto troviamo anche un riferimento alla demolizione di una casa accessibile da via Fellogna. Nel muro che circonda il giardino troviamo segni di antiche aperture successivamente murate, che ricordano come il giardino attuale sia il risultato di più acquisizioni.
Dell’originaria costruzione, risalente al XVIII secolo epoca alla quale si riferisce il documento, rimangono tutt’ora, seppur modificati nella tipologia strutturale, gli antichi edifici, tra i quali quello destinato a residenza padronale che conserva una pregevole scala presentanea, baricentrica al corpo di fabbrica, con struttura ad anima centrale e doppie volte a crociera in corrispondenza dei pianerottoli ed aeree volte rampanti a sostegno degli scalini in pietra.
L’accesso all’antica dimora era contrassegnato all’esterno dall’emergere oltre alle falde del tetto di un grande abbaino centrale, facente corpo unico con la cortina muraria dell’edificio, elemento materializzante la caratteristica centralità assiale dell’edificio secentesco.
L’anno 1785 (data riprodotta su di una meridiana del cortile e sull’abbaino della manica che si estende verso sud) potrebbe forse riferirsi a lavori di ampliamento di un preesistente fabbricato, dell’esistenza del quale non è però stata trovata alcuna testimonianza, e di costruzione della grande manica della villa barocca.
Tuttavia, durante i recenti lavori di restauro della facciata, l’attuale proprietario ha constatato che, dei tre balconi posti al primo piano, quello centrale sia stato posato su modiglioni in pietra (materiale utilizzato per secoli), mentre i due balconi ai lati poggiano su sostegni prefabbricati in cemento. Questo fatto, se si tiene conto del manoscritto su citato ci fa pensare che il “…si edificò la bellissima villeggiatura…” non sia databile prima della metà ‘800, quando si è iniziato a costruire tali manufatti. Tesi rinforzata dal rilievo napoleonico di Rivoli di inizio ‘800
dal quale risulta che la casa a quel tempo aveva una pianta ad L, il cortile non era delimitato ed il rustico non esisteva ancora.
Quindi, secondo l’attuale proprietario, la storia della villa è così riassumibile:
La costruzione originaria potrebbe essere stata iniziata alla fine ‘600 o inizio del ‘700, alla data 1785 era costituita da un unico corpo di fabbrica con pianta ad L, probabilmente con un giardino annesso (più piccolo dell’attuale) a nord ed un orto nell’appezzamento con esposizione più favorevole, a sud e così è rimasta, a parte possibili rimaneggiamenti di cui non abbiamo trovato traccia, fino alla metà dell’ ‘800. Intorno a tale data si forma l’attuale giardino e si da importanza alla facciata nord, dove certamente si aggiungono altri balconi e possibilmente si modificano anche le finestre con l’introduzione delle persiane e di decorazioni in rilievo nelle cornici. In questa fase inoltre, si e’ anche costruito il rustico, si sono ricavati due locali ed un’arcata di portico (che insieme sostenevano un terrazzo al piano superiore) legando il rustico alla costruzione esistente.
Supponiamo che in quel momento si sia chiuso il cortile sul lato di Via San Martino e si siano scavati il pozzo per l’acqua potabile ed il passaggio sotterraneo che porta alla villa vicina. Nella ristrutturazione compiuta negli anni ’60 del ‘900 si è spostato l’ingresso principale al piano cortile abolendo l’ultimo giro dello scalone che scendeva al piano giardino, ed il salone d’ingresso, che collegava le due entrate, quella pedonale da via Gallo e quella carrozzabile dal giardino, è stato suddiviso in vari locali per attrezzare uno studio medico dove potesse operare il padre del Sig. Jona attuale proprietario (peraltro mai adoperato).
Altre modifiche sostanziali nella pianta hanno poi suddiviso l’edificio in tre abitazioni indipendenti “…in Villa”. Alcune sovrastrutture ottocentesche sono state demolite, ed il portico è stato allargato a tutta l’ampiezza del terrazzo.
Dal cortile, dove si nota un meraviglioso acciottolato in “sterne” bianche e scure disposte a formare un motivo ellissoidale, dalla preziosa testimonianza del Dott. Mario Jona sappiamo dell’esistenza del passaggio sotterraneo che, attraversando la Via San Martino dava l’accesso all’acqua potabile dell’unico pozzo ai vicini sul lato opposto, senza dover attraversare la strada…
L’ingresso carraio, per le prime vetture dell’epoca e per le carrozze è ancora visibile dalla Via Gallo. Qui si accede alla Villa direttamente da quello che era l’ingresso principale riservato ai proprietari, senza passare dal cortile del terrazzo superiore da Via San Martino.
Questo sistema di terrazzamenti sostenuti da potenti muri di controterra, modella il versante collinare e costituisce la solida base sulla quale si imposta l’alta facciata del fabbricato. Partendo dal basso se ne contano tre: il più basso, al livello della Via Fellogna ospita il giardino, il secondo serviva all’accesso carraio principale da Via Gallo e il terzo a livello di Via San Martino è quello del cortile, delle scuderie (ora rimesse per auto) e dei locali attigui. L’approvvigionamento idrico per il giardino, l’orto e gli animali era ed è ancora garantito da un sistema di cisterne sotterranee dove viene convogliata parte delle acque pluviali. Sfruttando la pendenza, l’acqua giunge alla seconda cisterna posta sotto l’attuale fontana centrale nel giardino.
Il restauro del 1966, riprendendo la policromia originaria esterna ha permesso di riscoprire nella sua integrità l’eleganza dello stilema architettonico settecentesco, esaltato nell’alternanza stilistica delle modanature delle fascie marcapiano e delle sinuose cornici in stucco dei timpani delle finestre.
L’elemento plastico della decorazione di facciata, la calibrata distribuzione delle aperture, il calcolato dimensionamento dei balconi, sono gli unici elementi che spezzano la complanarietà dell’alto prospetto privo di ogni forte aggetto e dove la caratterizzazione dell’assialità centrale è ripresa in altezza attraverso la presenza del piano attico la cui riduzione volumetrica genera in facciata distesi accordi curvilinei. Durante questo restauro si sono eliminate le spesse “guide” in pietra carrabile poste per l’accesso a carrozze e vetture, per dar spazio al prato e ad un discutibile tratto in pietra grezza irregolare disposta ad “Opus incertum” per collegare l’ingresso alla Villa con il doppio scalone esterno che scende nel parco.
L’ambiente interno di maggior pregio risulta essere indubbiamente lo scalone principale, che si sviluppa aereo e dinamico nell’articolazione delle diverse rampe sostenute da tese volte a botte a raccordo dei molteplici livelli dell’edificio nella raffinatezza della veste cromatica tessuta in contrappunto di tenui tonalità pastello.
La sobria architettura di questo interno, privo di un’ostentata decorazione ma piuttosto aperto al luminoso paesaggio agreste del quale un tempo godeva la villa, nulla toglie all’eleganza tecnica ed artistica della sua realizzazione.
Villa Jona è dunque uno degli edifici, più significativi, a Rivoli, per le sue peculiari caratteristiche e qualità che emergono soprattutto se si tiene presente il contesto urbano e paesaggistico in cui l’edificio è inserito. Vista dal Castello di Rivoli, essa emerge per la sua spettacolare facciata e per la vistosa macchia verde del giardino.
La proprietà occupa per circa la metà un’ampio isolato altimetricamente assai vario e dove le anguste strade ciotolose impediscono una visione completa e centrale dell’edificio; il prospetto principale è quindi fruibile dal centro storico solo parzialmente con vedute fortemente scorciate.
Questo fatto, abbinabile all’obbligo imposto dall’architetto di rispettare i già citati preesistenti fabbricati, diventa pretesto per ottenere un risultato plastico fortemente scenografico, dove la tagliente prospettiva generata dall’obbligata visione dal basso verso l’alto della facciata, conferisce all’architettura una spettacolare monumentalità che esplode con spregiudicatezza se nel valicare la stretta porticina che immette nel raccolto giardino si superano le quinte arboree degli annosi Tassi e delle verdi Magnolie.
Prima e dopo
Scorri sulla foto qui sotto:
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Sequenza interventi
Restauro del giardino: diario cronologico
Dopo la potatura straordinaria delle due Magnolia grandiflora e del tratto di siepe di Laurus nobilis, la rimozione dell’Edera e delle foglie disseccate del gruppo di Trachycarpus fortunei, la potatura ordinaria delle Hydrangee, della Bignonia capensis, dei rosai rampicanti e non, la prima pulizia dai Rovi e dalle altre essenze spontanee e la conseguente trinciatura sul posto di tutto il materiale di risulta, abbiamo iniziato l’opera di restauro di questo giardino ottocentesco cercando di rispettarne al massimo l’impostazione originaria e quindi di utilizzare, ove possibile, essenze in uso nel periodo.
Le nuove introduzioni come l’Ilex crenata in luogo del Buxus sempervirens ad esempio, non modificano l’aspetto estetico ma soddisfano le mutate condizioni climatiche e sociali che avrebbero comportato scelte diverse anche in quel periodo. Si cerca di pensare con la mentalità della metà del 1800 senza dimenticare le nuove sfide dell’attuale periodo, come la necessità di contenere i costi della manutenzione ordinaria, la lotta a nuovi parassiti e la sostenibilità ambientale.
Si decide di non usare prodotti chimici per non alterare l’ambiente, proteggere le tartarughe e gli esseri umani che fruiscono del giardino…
Tutte le decisioni sul come procedere nell’opera di recupero del giardino sono prese col proprietario che è fonte di ispirazione, di ricordi ma che lavora con noi in giardino occupandosi personalmente di alcune parti. Il Sig. Jona, lo chiama “giocare al giardino”e per noi si tratta di una opportunità più unica che rara…